TENDINOPATIA: SVILUPPO FISIOPATOLOGICO E FASI DELLA RIABILITAZIONE.
La tendinopatia è una condizione clinica caratterizzata dalla presenza di dolore localizzato a livello del tendine che si presenta a seguito dell’applicazione di un carico meccanico su quest’ultimo.
Le problematiche a carico del tendine risultano essere molto comuni e possono coinvolgere diverse fasce d’età con richieste funzionali completamente differenti. Per esempio, la tendinopatia è una delle cause di infortunio più comuni nella popolazione sportiva sia professionistica che amatoriale. D’altro canto, anche la popolazione non sportiva può andare incontro a una tendinopatia a seguito di lavori pesanti con movimentazioni di carichi o a lavori che impongono una posizione mantenuta a lungo nel tempo.
Nonostante siano problematiche molto comuni, vi è ancora molto confusione a riguardo. In primo luogo, spesso si sentono molti nomi differenti per rivolgersi a problematiche del tessuto tendineo: tendinite, tendinosi etc. Per poter essere maggiormente precisi e per avere un linguaggio comune condiviso, il termine corretto con cui rivolgersi a queste problematiche è tendinopatia.
Anche per quanto riguarda le fasi della riabilitazione vi è ancora molta confusione.
Tuttavia, prima di parlare di riabilitazione, è necessario fare un passo indietro per comprendere cosa sia il tendine e quali processi portino allo sviluppo della tendinopatia.
Il tendine è un elemento di tessuto connettivo che crea un collegamento tra il muscolo e l’osso. Esso agisce come trasmettitore di forze dal muscolo all’osso generando un movimento articolare.
Esso è composto da tre pilastri anatomici principali: il collagene, la matrice-extracellulare e il tenocita.
Il tendine è una struttura in continuo adattamento che risponde agli stimoli esterni applicati; questi ultimi rappresentano lo stimolo e lo starter per avviare tutti i processi di sintesi e degradazione di nuovo collagene che sono alla base dell’adattamento del tessuto tendineo.
Tuttavia, il tendine non è sempre in grado di tollerare lo stress che viene indotto dal carico esterno somministrato al tendine nel corso delle attività compiute nella giornata. Per questo motivo, il processo patologico alla base dello sviluppo della tendinopatia inizia a seguito di un errato dosaggio del carico, sia esso troppo (overload) o troppo poco (underload).
Per essere maggiormente precisi, un tendine normale e sano può sviluppare i sintomi e andare incontro a un processo patologico in due principali situazioni:
Per fare un esempio, è molto frequente nel runner amatoriale lo sviluppo di una tendinopatia achillea. Un classico meccanismo con cui la tendinopatia si può sviluppare è la ripresa non graduale della corsa dopo un periodo di infortunio o dopo uno stop di alcuni mesi cercando di eguagliare subito la performance che si aveva prima dello stop. Dal momento che il tendine non è più abituato a uno stimolo così intenso, il carico somministrato supera quella che è la capacità di carico del tendine in quel momento e questo, se protratto nel tempo, può portare allo sviluppo della tendinopatia.
A questo punto possiamo finalmente parlare di riabilitazione della tendinopatia, un altro argomento su cui vi sono ancora molti dubbi. A volte viene consigliato il riposo e l’astensione completa dall’attività sportiva fino alla scomparsa dei sintomi. Tuttavia, questo approccio non è assolutamente consigliabile. Infatti, qualora anche i sintomi migliorino in seguito al riposo forzato, non appena ripresa l’attività e non appena ridato carico al tendine, quest’ultimo andrà incontro nuovamente ai processi sopra descritti facendo ritornare i sintomi.
Di conseguenza, il punto chiave della riabilitazione della tendinopatia è la corretta gestione del carico.
Prendendo come esempio il runner che abbiamo citato prima, la riabilitazione di quest’ultimo potrebbe seguire le seguenti quattro fasi.
In primo luogo, l’obiettivo della prima fase in cui prevale l’irritabilità del tendine è quello di andare a ridurre il dolore con una diminuzione del carico di lavoro. Per fare ciò l’esercizio terapeutico risulta essere la strategia migliore per il fisioterapista; in particolare, l’esercizio isometrico risulta molto utile per andare a ridurre il carico, oltre ad avere un effetto analgesico.
In seguito, una volta ridotta la reattività del tendine, l’obiettivo della seconda fase è quello di recuperare progressivamente la forza dell’unità muscolo-tendinea andando a migliorare la capacità di carico del tendine. In questo caso, l’esecuzione di esercizi dinamici in modo lento e con un carico esterno progressivamente sempre più elevato rappresenta un’ottima soluzione.
Una volta raggiunto un buon livello di forza ed una riduzione netta del dolore, è possibile aggiungere esercizi veloci e dinamici andando a migliorare la capacità del tendine di accumulare energia.
Infine, nell’ultima fase si dovranno inserire esercizi non solo di accumulo ma anche di rilascio energetico (come per esempio i salti). Questi ultimi sono gli esercizi in cui la richiesta di lavoro al tendine è maggiore, ma anche in cui la funzione del tendine raggiunge il suo apice: accumulare rapidamente energia (per esempio nel caricamento di un salto) per poi rilasciare quest’ultima in modo massivo (il salto vero e proprio). Tuttavia, per poter eseguire i cosiddetti esercizi di stretch-shortening cycle è necessario aver seguito le fasi precedenti in modo meticoloso e preciso, andando a gestire e dosare correttamente il carico dato al tendine.
Per poter passare da una fase all’altra della riabilitazione è molto utile assegnare al paziente un esercizio specifico per il tendine (come può essere un calf raise monopodalico per il tendine d’Achille) da eseguire ogni giorno allo stesso orario; al termine del test, il paziente dovrà segnare il dolore che prova in una scala incrementale da 0-10; qualora il dolore si assesti all’interno di una zona sicura (da 0-3) o accettabile (da 4-5), è possibile incrementare il carico e passare alla fase successiva. Qualora il dolore si assesti in una zona ad alto rischio (6-10), è necessario fare un passo indietro e ridurre il carico per evitare di peggiorare i sintomi del paziente e rendere ancora più irritabile il tessuto tendineo.
Per concludere, la tendinopatia è una condizione che può essere estremamente debilitante in quanto può portare all’astensione dalla propria attività sportiva o lavorativa. La riabilitazione della tendinopatia segue dei passaggi semplici ma necessita di grande precisione e attenzione nella gestione del carico somministrato al tessuto tendineo per poter andare a ridurre il dolore e tornare ai livelli di performance pre-infortunio.
A cura del dott. Pietro Guarinoni