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La Psicomotricità educativa di gruppo. Cos’è e quali sono i vantaggi.

Che cos’è la PSICOMOTRICITA’ EDUCATIVA?

La psicomotricità, nata negli anni 60 in Francia e sviluppata in Italia verso la fine degli anni 70, è un’attività che va ad integrare l’esperienza educativa e rappresenta per i bambini un’occasione per parlare di sé e della propria interiorità attraverso il corpo e il movimento, le vie privilegiate di espressione tra 0 e 7 anni d’età.

Il bambino è l’essere psicomotorio per eccellenza. Attraverso il movimento conosce, esperisce, sperimenta, apprende, comunica e si relaziona, strutturando progressivamente il suo essere.

Durante l’incontro di psicomotricità, tramite il movimento ed il gioco (senso-motorio, simbolico, di rappresentazione), ogni bambino esprime sé stesso ed il suo modo originale di essere nel e al mondo. Attraverso le infinite sfumature del linguaggio corporeo ognuno esprime le proprie caratteristiche somatiche, la postura, la gestualità, l’atteggiamento, ma anche i sentimenti e le emozioni, le tensioni e le paure. Il corpo infatti è l’espressione visibile di tutto quello che c’è in ogni singola persona: lo si può vedere, toccare, ascoltare; se ne possono percepire i movimenti interni ed esterni, i cambiamenti, gli stati di contrazione e di distensione, di stabilità e di irrequietezza.

 

Gli obiettivi cardine della psicomotricità sono:

  1. Aiutare il bambino a costruirsi un’immagine di sé attraverso il movimento ed il gioco;
  2. Favorire i processi di rassicurazione in merito alle paure e alle angosce che ogni bambino vive;
  3. Favorire i processi di decentramento tonico-emozionale, ossia aiutare il bambino a passare dalle forti emozioni che vive durante il momento del gioco ad un nuovo piacere.

 

È molto importante distinguere la psicomotricità educativa dall’attività motoria e dal gioco libero.

La Psicomotricità non è attività motoria in quanto non prevede degli esercizi da svolgere o un adulto che chieda ai bambini di fare delle cose nello specifico. Il bambino viene lasciato libero di portare all’interno della stanza di psicomotricità quello che più desidera.

La Psicomotricità non è nemmeno gioco libero (fondamentale per lo sviluppo del bambino) in quanto l’incontro psicomotorio prevede un contesto specifico, «setting psicomotorio», degli obiettivi, un dispositivo spaziale e temporale ed una certa attitudine dello specialista, psicomotricista, che va ad operare con i bambini.

 

Durante l’attività psicomotoria la psicomotricista, per promuovere la relazione psicomotoria deve avere un atteggiamento di rispetto verso la spontaneità, l’originalità e la centralità di ogni bambino. Le strategie comportamentali e relazionali da adottare sono l’ascolto, l’empatia, l’osservazione partecipe e l’imitazione, in modo tale da entrare all’interno del mondo del bambino, cercando di vederlo e sentirlo dal suo punto di vista.

 

L’importanza del GRUPPO nella PSICOMOTRICITA’ EDUCATIVA

La vita di gruppo è considerata una dimensione essenziale per il corretto sviluppo del bambino: egli non vive da solo, ma all’interno di piccoli gruppi quali possono essere la famiglia, la classe e le amicizie. Ogni individuo deposita nel gruppo delle parti di sé stesso e partecipa così alla costituzione di un luogo d’incontro dove far nascere emozioni e pensieri comuni. Così facendo il gruppo viene plasmato dai membri che lo compongono, presentando quindi caratteristiche di ognuno di essi e, di conseguenza, esso stesso influenza gli individui che vi appartengono: la dinamica di gruppo, infatti, funziona sia come contenitore dei membri nella loro interezza (pensieri, emozioni, esperienze, problemi…) che come punto di ancoraggio per ciascuno.

Nell’incontro di psicomotricità il gruppo è un’importantissima risorsa e si pone come “terzo elemento” relazionale, in aggiunta allo psicomotricista e ai bambini. La psicomotricità di gruppo pone il soggetto all’interno di un’esperienza emozionale diretta con il gruppo dei pari, con cui ha l’opportunità di confrontarsi e di compiere nuove esperienze di gioco che lo porteranno ad affrontare sfide ardue e nuove. In questo modo il bambino sarà in grado di esperire, a partire da un microcosmo (gruppo psicomotorio), eventuali dinamiche che andrà poi a riscontrare nel macrocosmo, ossia nel mondo di tutti i giorni, all’esterno del setting psicomotorio.

 

Ecco riassunti i vantaggi che la psicomotricità educativa di gruppo offre:

  • Dare al bambino tempo per analizzare i suoi modi di esprimersi e rapportarsi in un gruppo di pari;
  • Offrire al bambino uno spazio dove mettere in gioco le sue capacità, scoprendo con gli altri bambini le molteplici forme dell’azione, con tutte le sue sfumature;
  • Offrire al bambino la possibilità di condividere le emozioni anche grazie alla mediazione dello psicomotricista;
  • Offrire un contesto sociale per sentire riconosciute le proprie capacità, con conseguente aumento dell’autostima;
  • Offrire una gamma di possibilità espressive, dal movimento alla rappresentazione simbolica.

 

Il Gioco

Tramite il gioco ogni bambino riesce ad esprime pienamente la propria motricità: giocando vive la tonicità del proprio corpo, si apre alla narrazione, inventa e diviene creativo. Ha un enorme valore formativo nello sviluppo del bambino, in quanto lo aiuta a prendere contatto con la realtà, stimola ed affina i suoi movimenti e la sua sensibilità e rappresenta uno dei suoi fondamentali mezzi di apprendimento, stimolando la memoria, l’attenzione, la concentrazione, fornendo lo sviluppo di schemi percettivi, capacità di confronto e relazione. Occorre quindi che il bambino abbia libertà di giocare e possa disporre dei giocattoli più adatti per la sua età. L’offerta precoce di tutti i giocattoli possibili, quasi sempre troppi ed inadeguati in quanto troppo complessi per la sua età, non incentiva il gioco, ma molte volte lo limita o inibisce.

 

Tipologie di gioco

  • Gioco senso-motorio: nel gioco senso-motorio il bambino mette in campo il suo corpo al fine di favorire la consapevolezza del proprio corpo in relazione all’altro e all’uso degli oggetti. L’attività senso-motoria consente di mettere in moto contemporaneamente corpo, emozioni e pensieri in maniera fluida. Materiale: specchio, materassi, scivolo, cuscini.

Finalità: facilitare la sperimentazione del piacere senso-motorio a livello propriocettivo, enterocettivo e di equilibrio, attraverso la possibilità di salti da diverse altezze, di giochi di equilibrio/disequilibrio, di scivolamenti, di rotolamenti, di trascinamenti, in una situazione di sicurezza data dalla presenza dell’adulto, che allestisce lo spazio in maniera adeguata e riconosce le espressioni spontanee del bambino.

 

  • Gioco simbolico: nel gioco simbolico il bambino racconta sé stesso mediante l’espressione di sé e del proprio vissuto interiore. Possiamo definire il gioco simbolico come la capacità di rappresentare mediante simboli, immagini, nomi, pensieri, qualcosa che non è presente e che non si può percepire.

Materiale: parallelepipedi e cubi in gommapiuma colorati, cuscini morbidi, teli colorati.

Finalità: elaborare le situazioni e le figure che fanno parte della realtà sociale del bambino, imparando così a gestire le proprie emozioni e a socializzare con gli altri.

 

  • Gioco di rappresentazione: nel gioco di rappresentazione si prende distanza dalle grandi emozioni vissute e si ritorna gradualmente alla dimensione reale. Questa tipologia di gioco aiuta il bambino ad esprimere quello che ha vissuto durante l’incontro psicomotorio tramite disegno o costruzioni, due strumenti importantissimi in quanto fungono da filtro per la rielaborazione del vissuto emozionale del bambino.

Materiale: pasta modellante, mattoncini per costruzioni, pennarelli, pastelli.

Finalità: facilitare l’apertura al pensiero operatorio, vale a dire alla capacità di pensare e di mettere parole senza il totale coinvolgimento dell’agire; sviluppare la fantasia nonché la creatività e la coordinazione occhio-mano

Il setting

La stanza di psicomotricità viene ideata come cornice organizzativa, che contiene spazio, tempo e regole per garantire i confini degli incontri e per mettere in scena un’esperienza finalizzata all’espressività psicomotoria del bambino, dove la strutturazione degli spazi e l’utilizzo del materiale sono pensati affinché il bambino possa manifestarsi nella sua completezza e possa, secondo i suoi ritmi, attuare un percorso evolutivo, favorito dalla presenza e dall’intervento della psicomotricista.

Il setting psicomotorio è un luogo piacevole, accogliente e sicuro dove il bambino può esprimersi attraverso le sue modalità comportamentali, da quelle più inibite a quelle più eccessive e dove la sua pulsionalità è accettata e canalizzata. Non è solo un luogo fisico, ma anche simbolico, carico di emozioni e piacere, dove il bambino può modificare la realtà e comunicare significati. La stanza di psicomotricità presenta 3 criteri essenziali: l’apertura alla comunicazione, che parte dalla capacità di accogliere e rispondere in maniera adeguata alle esigenze e richieste del bambino; la creazione, attraverso il sostegno dell’attività a una produzione più elaborata e la formazione del pensiero che passa attraverso la fase del distanziamento senso-motorio ed emozionale.

  • Il materiale all’interno del setting psicomotorio

Il materiale che caratterizza la stanza di psicomotricità è costituito da oggetti semplici, facili da manipolare, che hanno come caratteristica principale quella di essere trasformabili. Ogni cosa all’interno della stanza si può trasformare in qualcosa di diverso a seconda del desiderio del bambino. Questo dinamismo intrinseco degli oggetti è un importante supporto per l’azione e l’espressione del bambino.

All’interno del setting psicomotorio si possono dunque trovare:
– cuscini di gommapiuma di diverse forme e grandezze: cubi, rettangoli, cilindri, …

Sono leggeri e voluminosi, l’ideale per costruire, distruggere, saltare e rotolare!
– materassi spessi o sottili, per impedire ai bambini di farsi male ma anche per offrire supporti diversi, per creare “trampolini di lancio”, discese e salite;
– piano inclinato rigido per consentire ai bambini di fare delle scivolate;
– cuscini classici;
– stoffe per coprirsi, avvolgersi, costruire, travestirsi.

 

  • Organizzazione temporale della seduta di psicomotricità di gruppo

La seduta psicomotoria di gruppo è un incontro che avviene tra bambini e psicomotricista in un luogo “setting psicomotorio” e per un certo arco di tempo che non variano nel corso degli incontri, in quanto uno degli aspetti più importanti della pratica psicomotoria di gruppo è quella di dare una continuità al “dispositivo gruppale”, tramite la regolarità degli orari, del ritmo e della stanza di psicomotricità, dove viene proposto ad ogni bambino, di settimana in settimana, un percorso che va dal corporeo al mentale, attraverso il gioco libero e spontaneo.

 

Ogni incontro in genere prevede un’organizzazione temporale che scandisce le fasi di questo percorso:

  • Un momento iniziale di accoglienza in cui i membri del gruppo provano a percepire lo stato psicologico l’uno dell’altro, a creare un primo spazio comune di comunicazione, dove ogni bambino trova lo spazio per poter comunicare agli altri qualche episodio a lui rilevante avvenuto nei giorni prima e a pensare o proporre il gioco che si vorrebbe fare successivamente, magari ricordando quello che è accaduto nell’incontro precedente.

Durante questa fase, prima di iniziare il gioco vero e proprio vengono ricordate le regole da rispettare all’interno della stanza di Psicomotricità, ossia:

  1. Non farsi male
  2. Non fare male agli altri bambini
  3. Non distruggere i giochi che costruiscono gli altri

 

  • Un secondo momento di gioco, definito anche momento d’azione, che favorisce lo sviluppo della motricità, della sensorialità e della relazione e che trasmette al bambino un senso di unità di sé, mirando alla costruzione di una identità positiva. In questa fase è importante il ruolo della psicomotricista che osserva i processi d’interazione e che, qual ora fosse necessario, indirizza verso dinamiche relazionali più consone al contesto.

Questo momento si apre con l’abbattimento del MURO DELLE EMOZIONI come scarica tonico-emozionale.

Questo è un momento magico che pone fine all’attesa del desiderio di giocare.

I bambini dopo aver “scaldato i motori” al VIA della psicomotricista buttano giù tutti insieme il muro di cuscinoni, liberando un’intensa emozione collettiva.

Per alcuni bambini può essere un momento per “misurarsi con l’adulto”, per abbatterlo simbolicamente, sentirsi forte e gratificato, e dunque un ottimo strumento per rafforzare l’autostima.

Una volta buttato giù il muro inizia la vera fase senso-motoria dove i bambini, tramite forti scariche emozionali sperimentano il piacere di saltare, scivolare, arrampicarsi e rotolare grazie ai materassoni e rampe presenti nella stanza. I bambini soprattutto nella fascia d’età 3-4 anni permangono molto nel gioco senso-motorio in quanto hanno proprio la necessità di esprimersi e conoscere il mondo con il proprio corpo.

In questa situazione il corpo viene sperimentato nella sua globalità tramite salti, corse, scivolamenti e rotolamenti. Nel salto il bambino sperimenta le proprie capacità motorie e cerca i propri limiti corporei. Il saper saltare è testimonianza di un’avvenuta separazione-individuazione ed ha una forte componente emozionale. È un’apoteosi di sensazioni nuove. Il bambino è protagonista del passaggio del cambiamento di posizione e di contatto attraverso un’azione che sospende il contatto, la fase di volo, durante la quale il bambino ha come unico riferimento sé stesso, il suo corpo, la sua abilità motoria e ciò che sente.

Durante il gioco senso-motorio è importantissimo sostenere le esperienze che i bambini stanno vivendo e far capire ai bambini che stanno compiendo delle imprese straordinarie, per rafforzare il senso di fiducia verso sé stessi. Altrettanto importante è non forzare i bambini rispettare i loro tempi, aiutandoli se serve.

Durante la fase del gioco i bambini investono molto tempo anche nel gioco simbolico.

Questo è il momento in cui ci si stacca dalle grandi emozioni vissute in precedenza, per passare ad un altro livello di rappresentazione. Il bambino gioca a “far finta di…”, trasformando il materiale, lo spazio e gli altri in funzione del suo mondo simbolico soggettivo.

I giochi che emergono maggiormente durante gli incontri di psicomotricità sono legati alla realtà quotidiana, sono giochi legati al mondo “fantastico” (principesse, cavalieri, pirati, draghi) o giochi dove emergono le paure recondite dei bambini (lupi ,squali, coccodrilli, fantasmi, mostri).

 

  • Un momento dedicato al gioco di rappresentazione o rielaborazione (attraverso il disegno, o le costruzioni o la plastilina) il cui obiettivo è quello di rielaborare il vissuto senso-motorio percepito durante il corso della seduta psicomotoria, aiutando il bambino a prendere distanza dall’emozione corporea, vissuta nel primo momento di gioco, e di attivare le proprie potenzialità cognitive.

Dopo il gioco è importante avere un posto, sia fisico che mentale, dove fermarsi e poter rielaborare attraverso la rappresentazione quanto sperimentato. Questo permette a ciascun membro del gruppo di rielaborare, attraverso il filtro delle sue emozioni, ciò che aveva appena vissuto.

 

  • Ed infine un momento conclusivo di defaticamento e congedo in cui il gruppo viene accompagnato al momento del distacco. Finita la fase della rappresentazione, ci si prepara al momento finale: seduti in cerchio i bambini uno alla volta raccontano il gioco che hanno preferito e dopo aver ascoltato ogni singolo bambino, ci si alza in piedi, ci si mette in fila e ci si saluta, ricordando l’appuntamento alla volta successiva.

 

Concludendo, la psicomotricità di gruppo è una risorsa indispensabile per permettere lo sviluppo armonico e globale di ogni bambino attraverso il corpo in movimento, il gioco libero e spontaneo e le relazioni affettive-emozionali.         I bambini all’interno del setting psicomotorio trovano un loro “mondo”, un “mondo in miniatura” dove poter esprimere i loro stati d’animo, i loro pensieri, i loro progetti e la loro creatività; per poter sviluppare le loro competenze psicomotorie e sociali e per potersi confrontare in autonomia con sé stessi, con i coetanei e con l’adulto.

Il termine “mondo in miniatura” è stato pensato perché esprime al meglio la visione di gruppo psicomotorio. Esso è, infatti, un concentrato spazio-temporale delle dinamiche quotidiane da cui dipende il complesso assetto relazionale che intercorre tra gli individui e da cui essi si sviluppano.

Nel mondo si vengono a creare una serie di relazioni interpersonali di tipo bidirezionale. Il processo formativo di un individuo, infatti, dipende dall’ambiente in cui esso si sviluppa: un individuo è il “prodotto” della società che lo circonda e, essendo esso stesso parte della società, ne influenza le dinamiche, portando in dote la propria parte di mondo per creare un macro-mondo comune. Il miracolo in questo mondo sono le relazioni umane e affettive che ognuno di noi tesse durante il proprio percorso. Il mondo senza le relazioni umane risulterebbe infatti una mera palude, arida, poco interessante e priva di sentimenti. Le relazioni umane sono la linfa vitale del mondo. Esse possono nascere per caso, ma non crescono se non trovano un terreno fertile, che, a mio avviso, è il nostro desiderio di viverle e la nostra capacità di coltivarle. In tal senso, il gruppo si svincola dalla mera definizione di “complesso di individui” e si articola in modo da risultare un luogo in cui gli stessi esercitano e sviluppano le loro interazioni sociali. Data la naturale predisposizione dell’uomo a creare questa complessa rete di interazioni nel mondo, si è cercato di ricreare tali dinamiche anche all’interno del gruppo psicomotorio, seppur in dimensione ristretta. In pratica questa piccola realtà diviene un vero e proprio mondo in miniatura.

A cura della dott.ssa Alba  Bertacco

Alba-Bertacco

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Dieta per Endometriosi. Alimenti da prediligere o eliminare.

L’endometriosi è una patologia cronica caratterizzata dalla presenza di endometrio all’esterno dell’utero, un tessuto che però normalmente si trova esclusivamente nella cavità uterina.

Può interessare la donna in età fertile e accompagnarla fino alla menopausa. L’endometriosi può anche essere causa di sub-fertilità o infertilità.

Le donne che soffrono di endometriosi possono riferire dolore mestruale, dolore durante i rapporti sessuali e alla defecazione.
In Italia le donne in età fertile affette da endometriosi sono il 10-15%.

Cambiare le proprie abitudini alimentari può aiutare a ridurre i sintomi correlati all’endometriosi. Ci sono alcuni alimenti che, sebbene siano generalmente da considerare sani, sono invece da limitare o eliminare poiché sono portatori di componenti che possono aumentare l’infiammazione (pro-infiammatori). D’altro canto, esistono alimenti che invece possono avere un ruolo nel ridurre e contrastare l’aumento dell’infiammazione, i quali devono essere consumati con frequenza giornaliera.

Una corretta alimentazione si è dimostrato essere uno dei modi migliori per ridurre i sintomi della malattia e per ridurre l’uso di farmaci e antidolorifici.

Gli alimenti da aumentare
• Omega 3 e omega 6
• Frutta, Verdura, cereali integrali e legumi
Si tratti di grassi ALA (acido alfa linolenico) che aiutano a ridurre l’infiammazione associata a questa malattia grazie alla regolazione della funzione delle citochine, molecole coinvolte nei processi infiammatori. Inoltre, aumentano la produzione della prostaglandina PGE1 che riduce il livello di infiammazione addominale determinato dalla endometriosi.

In che alimenti trovarli:
• Frutta secca (preferire le noci come frequenza)
• Semi di lino, semi di chia e semi di zucca
• Salmone selvaggio
• Pesce azzurro di piccola taglia (alici, sardine, sgombro) • Avocado
• Verdura
• Frutti rossi e frutta di stagione
• Orzo
• Farro
• Riso integrale
• Ceci, lenticchie, lupini, piselli
Le verdure sono ricche di proprietà antinfiammatorie e antiossidanti e contengono differenti vitamine. Le fibre alimentari, inoltre, aiutano la regolazione dei livelli di alcuni ormoni, omeostasi glicemica ed insulinemica, oltre a ridurre gli estrogeni. Si consiglia di aumentare il consumo di fibre ed includerle sempre ad ogni pasto.

Gli alimenti da ridurre
• Grano
• Pane e pasta
• Brioche
• Prodotti da forno
Il grano contiene glutine e le proteine costituenti il glutine possono avere un
effetto proinfiammatorio (le donne con endometriosi sembrerebbero essere
maggiormente sensibili a questo componente). Si consiglia comunque di scegliere sempre le qualità integrale per aumentare l’apporto di fibre ed avere un assorbimento più graduale.

• Latticini
• Latte intero di mucca, capra o pecora • Formaggi
• Panna e burro
I prodotti derivati dal latte possono contribuire alla stimolazione della produzione di prostaglandine PGE2 e PGF2a, responsabili di alcuni processi infiammatori, acuendo la sintomatologia già presente.

• Carne rossa
• Insaccati
• Wurstel
• Carne in scatola
• Salsiccia, pancetta, salami, affumicati ed essiccati
La carne rossa può giocare un ruolo nella produzione di prostaglandine proinfiammatorie, aumentando l’infiammazione. Inoltre, la modalità di conservazione e di cottura della carne rossa può contenere una serie di sostanze anch’esse proinfiammatoie. Eccezione per la carne bianca di origine e allevamento controllato, che può essere consumata con regolarità.

Gli alimenti da eliminare
• Zuccheri e prodotti raffinati
• Grassi saturi
• Merendine
• Biscotti industriali
• Bevande zuccherate e gasate
• Prodotti con farina bianca e zucchero raffinato
• Burro e margarina
Gli zuccheri semplici possono causare una reazione infiammatoria, in particolare si ha la formazione di glicoproteine, AGE (“Advanced Glycated End Product”), ossia proteine che vengono ad essere legate agli zuccheri formando molecole non funzionali ed alterate, con aumento dell’infiammazione sistemica.

• Caffeina
La caffeina aumenta i crampi addominali e i livelli di estrogeni.

• Cibi fritti e alcol
Il fritto può stimolare la formazione di prostaglandine negative. L’alcol consuma vitamina B che è immagazzinata nel fegato. La buona funzione epatica è vitale poiché il fegato aiuterà ad eliminare gli estrogeni in eccesso dal corpo.

• Soia
• Salsa di soia
• Latte di soia
• Leticina di soia (presente in biscotti e prodotti industriali)
• Avena
• Aloe
• Segale
• Noodles
• Tofu
La soia, così come la segale e l’avena, sono da evitare per il loro alto contenuto di estrogeni.

A cura del dott. Simone Lepre

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Il potere delle immagini. Le carte Dixit nella psicoterapia dell’età evolutiva.

Il gioco è un aspetto fondamentale dello sviluppo umano, in particolare durante l’infanzia. È uno dei mezzi che i bambini usano per comunicare, rappresentare e manifestare il loro mondo emotivo e i loro pensieri, anche quelli maggiormente nascosti e/o caratterizzati da emozioni e vissuti che generano più paura e angoscia. Tramite il gioco i bambini riescono ad elaborare ciò che sentono e ciò che vivono.

Nella psicoterapia dell’età evolutiva il gioco assume un ruolo centrale, diventando uno strumento terapeutico efficace per comprendere ed intervenire sui bisogni emotivi e comportamentali dei bambini.

Nella psicoterapia, il gioco assume varie funzioni, tra cui l’espressione di sé, l’elaborazione del trauma, lo sviluppo delle competenze sociali e la risoluzione dei conflitti.

All’interno della stanza può essere utilizzato sia il gioco non strutturato e, quindi, simbolico, sia giochi strutturati. Il primo permette di accedere più facilmente al mondo interno del bambino (l’insieme di emozioni, pensieri e vissuti), i secondi, invece, forniscono un’immagine istantanea dello sviluppo del bambino, permettendo anche di osservare più chiaramente come il bambino si relaziona con l’altro che diventa, in misura maggiore rispetto ai giochi simbolici, portatore di pensieri, azioni ed intenzioni.

L’utilizzo delle Carte Dixit in psicoterapia rappresenta un approccio innovativo ed efficace per facilitare l’espressione e l’elaborazione delle emozioni, dei pensieri e delle esperienze.

Dixit nasce come gioco da tavolo creato dallo psichiatra infantile Jean-Louis Roubira. Collaborando con diversi illustratori, le carte sono state progettate in modo da avere un forte simbolismo, oltre ad una dose onirica e surreale su temi che si sovrappongono e si completano, come l’amore, la morte, la libertà, il conflitto, la reclusione… Questo gioco fa, quindi, appello all’immaginazione e all’intuizione, alla comunicazione e alla condivisione.

Le Carte Dixit in psicoterapia possono essere proposte in svariate modalità a seconda della necessità del lavoro terapeutico che si sta effettuando. Queste carte danno la possibilità di svolgere un gioco in una modalità più o meno strutturata, dove il paziente può immergersi mentre il terapeuta può valutare se partecipare più o meno attivamente.

La particolarità delle illustrazioni di queste carte fanno sì che sia facile per chi le osserva identificarsi con le immagini proposte, favorendo l’espressione e la narrazione del proprio mondo interno.

Dixit

Le Carte Dixit si pongono in una terra di mezzo tra narrazione e gioco perché permettono di creare una storia e di giocare poi con essa.

Ci sono una serie di caratteristiche che rendono uniche queste:

  • L’insaturità: il paziente si sente libero di esprimersi come vuole senza rimanere vittima di una dinamica già prevista dal gioco stesso.
  • La diversità: non ce n’è una uguale all’altra e questo permette ad ogni bambino o ragazzo di sceglierle ed utilizzarle secondo i propri bisogni emotivi. Il Dixit presenta, appunto, un gran numero di stimoli molto diversi tra loro, ciò aiuta il paziente a trovare qualche aspetto con il quale identificarsi, immagini sulle quali proiettare bisogni, paure, angosce. Trattandosi di un racconto o di una descrizione, alcuni fantasmi del mondo interno del bambino vengono portati sul piano della verbalizzazione.
  • Favoriscono il processo di simbolizzazione: le persone, infatti, scelgono immagini simboliche che si aprono al linguaggio metaforico. Il potere narrativo delle metafore è quello di permettere di “parlare di te senza parlare di te”. Così il linguaggio simbolico è ricco di ciò che la persona non penserebbe di dire razionalmente quando parla direttamente. L’utilizzo delle metafore permette anche di ridurre i meccanismi di difesa che ostacolano l’accesso al proprio mondo interno e alla narrazione di esso, facilitando così la comprensione di sé e facendo emergere più facilmente le emozioni presenti.
  • Offrono la possibilità di entrare in relazione con l’altro che, ascoltando attivamente o giocando insieme, riesce ad accogliere gli stati mentali ed emotivi presenti durante il gioco consentendo nuove trasformazioni.

Le Carte Dixit sono, quindi, uno strumento versatile e potente in psicoterapia, in grado di facilitare la comunicazione, l’espressione e la comprensione profonda dei pazienti, sia stando attenti alla comunicazione verbale che viene usata nella narrazione delle carte, ma anche considerando il comportamento verbale in reazione alla vista di questi stimoli.

L’integrazione delle Carte Dixit nella pratica terapeutica permette di rendere il percorso terapeutico più coinvolgente ed accessibile per i bambini e i giovani, facilitando la creazione di un’alleanza terapeutica funzionale allo svolgimento della terapia stessa.

A cura del dott.ssa Elisa Briccola

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Osteopatia pre parto. Un approccio integrato per un parto sereno.

L’osteopatia, una disciplina che utilizza tecniche manuali per migliorare la funzionalità del corpo e promuovere l’autoguarigione, è particolarmente utile durante la gravidanza e nella preparazione al parto. Durante la gravidanza, il corpo della donna subisce numerosi cambiamenti fisiologici e biomeccanici che possono causare discomfort e dolore. L’osteopatia può aiutare a gestire questi cambiamenti, migliorando il benessere della futura mamma e favorendo un parto più agevole.

 

Cambiamenti fisiologici e biomeccanici in gravidanza

Durante la gravidanza, l’aumento di peso e le modifiche ormonali portano a cambiamenti nella postura e nella biomeccanica del corpo. La colonna vertebrale, il bacino e le articolazioni devono adattarsi per sostenere il peso crescente del feto. Questo può portare a dolore lombare, sciatalgia, tensione pelvica e altri disturbi muscoloscheletrici. Inoltre, l’ormone relaxina, che viene rilasciato per allentare i legamenti del bacino in preparazione al parto, può causare instabilità articolare e ulteriore discomfort.

 

Benefici dell’osteopatia nella preparazione al parto

L’osteopatia offre un approccio sicuro e non invasivo per aiutare le donne in dolce attesa a gestire questi cambiamenti e prepararsi al parto. Ecco alcuni dei principali benefici dell’osteopatia durante la gravidanza:

  • Riduzione del dolore e del discomfort: le tecniche osteopatiche possono alleviare il dolore lombare, la sciatalgia e la tensione muscolare, migliorando la postura e riducendo lo stress sulle articolazioni e sui legamenti. Questo aiuta a creare un ambiente corporeo più rilassato e pronto per il parto. Il trattamento può anche ridurre i crampi muscolari e le tensioni, rendendo i mesi di gravidanza più confortevoli.
  • Miglioramento della mobilità pelvica: un bacino mobile e ben in equilibrio è essenziale per un parto più agevole. L’osteopata può lavorare per migliorare la mobilità del bacino e della colonna vertebrale, facilitando il passaggio del bambino attraverso il canale del parto. Una maggiore flessibilità e mobilità del bacino possono ridurre il tempo di travaglio e diminuire il rischio di complicazioni durante il parto.
  • Riduzione del gonfiore: l’osteopatia può aiutare a ridurre l’edema e il gonfiore nelle gambe e nei piedi, comuni durante la gravidanza. Migliorando la circolazione e il drenaggio linfatico, si riduce il discomfort associato al gonfiore, migliorando la mobilità e il comfort generale della futura mamma. Questo può essere particolarmente utile nelle ultime settimane di gravidanza, quando il gonfiore tende ad aumentare.
  • Preparazione del pavimento pelvico: l’osteopatia può svolgere un ruolo fondamentale nella preparazione del pavimento pelvico per il parto. Attraverso tecniche manuali, l’osteopata lavora sulla zona del pavimento pelvico per far sì che vi sia un equilibrio tra tono muscolare e rilassamento per facilitare il parto. Una preparazione adeguata del pavimento pelvico può ridurre il rischio di lacerazioni durante il parto e facilitare un recupero più rapido e meno doloroso dopo il parto.
  • Miglioramento della respirazione: durante la gravidanza, il diaframma riduce la sua possibilità di espansione e mobilità a causa della crescita dell’utero. L’osteopatia può aiutare a migliorare la mobilità del diaframma, facilitando una respirazione più efficace e profonda. Questo non solo migliora l’ossigenazione del corpo della mamma e del feto, ma può anche aiutare a gestire eventuali disturbi di stomaco e il dolore durante il travaglio.
  • Prevenzione e trattamento di problemi digestivi: la gravidanza può portare a vari problemi digestivi, come il reflusso gastroesofageo, la gastrite e la stitichezza. L’osteopatia può aiutare a migliorare la funzione del sistema digestivo, alleviando questi sintomi e promuovendo una migliore motilità del sistema gastrointestinale.
  • Ottimizzazione della posizione fetale: l’osteopata può aiutare a ottimizzare la posizione del feto all’interno dell’utero, lavorando sulla mamma e sulle sue possibili tensioni corporee, riducendo il rischio di presentazione podalica (breech) o di altre posizioni fetali.

 

Ogni gravidanza è unica e richiede un approccio personalizzato. L’osteopata valuta attentamente la condizione fisica della futura mamma e sviluppa un piano di trattamento su misura per gestire le sue specifiche esigenze. Questo approccio individualizzato garantisce che il trattamento sia sicuro ed efficace, tenendo conto dei cambiamenti fisiologici che avvengono in ogni trimestre della gravidanza.

L’osteopatia può essere integrata con altri tipi di assistenza prenatale per fornire un supporto completo. L’osteopata lavora spesso in collaborazione con ostetriche, ginecologi, fisioterapisti e altri professionisti della salute per assicurare che la futura mamma riceva il miglior trattamento possibile. Questa collaborazione multidisciplinare assicura che tutti gli aspetti della salute della mamma e del bambino siano considerati, fornendo un ambiente di supporto completo durante tutta la gravidanza.

 

A cura della dott.ssa

Lavinia Arnone

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Servizi

Neuropsicologia

SALUTE E BENESSERE

Giorno di visita su appuntamento

SABATO MATTINA

La neuropsicologia dell’anziano è quella disciplina che si occupa di valutare l’efficienza cognitiva del paziente anziano, ossia indagare lo stato nel qui ed ora, come se stessimo facendo una fotografia, delle funzioni mnesiche, attentive e del linguaggio.

Con l’invecchiamento si assiste, fisiologicamente, al decremento non sempre patologico di alcune di queste funzioni; ci sono altre occasioni in cui il venir meno di queste funzioni può essere legato alla presenza di processi neurodegenerativi, definiti nel linguaggio comune “demenze“, e di conseguenza divenire maggiormente significativo.

La neuropsicologia non è solo valutazione, ma anche trattamento: una volta scattata la foto diviene più chiaro comprendere quali sono gli aspetti su cui lavorare. A quel punto vengono impostati degli esercizi per stimolare ed allenare le funzioni cerebrali che sono risultate un pò “scariche”. 

Accanto al funzionamento cognitivo, è presente anche la dimensione emotiva: con l’invecchiamento si assiste all’emergere di cambiamenti non solo fisici e mentali, ma anche identitari. Diviene necessario aiutare l’anziano a mantenere un’organizzazione di sè che possa integrare tutti gli avvenuti ed i probabili cambiamenti accorsi. Inoltre, in seguito ad eventi traumatici come le cadute, il paziente anziano potrebbe percepirsi maggiormente fragile e bisognoso di integrare questo evento all’interno della propria esistenza riuscendo ad affrontarlo senza farsi per forza fermare.

FASI VALUTAZIONE NEUROPSICOLOGICA

COSTI

Valutazione neuropsicologica (comprensiva di tutte e 4 le fasi) – 150 euro

Seduta di trattamento neuropsicologico – 65 euro

 

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Distorsione di caviglia. Le fasi della riabilitazione.

Bene o male a tutti nella vita è capitato di avere una distorsione di caviglia, ma non tutti sanno cosa succede quando questo spiacevole infortunio ci fa visita.

Una distorsione alla caviglia si verifica quando quest’ultima subisce un brusco movimento che stressa le strutture articolari, ovvero i legamenti, i muscoli e i tendini che avvolgono la caviglia, arrivando vicino o oltre i limiti della sua possibilità di movimento.

Le distorsioni della caviglia sono una delle lesioni più comuni, specialmente durante le attività fisiche o gli sport.

La gravità di una distorsione della caviglia può variare a seconda dell’entità del danno e alle strutture articolari.

Ci sono tre gradi di distorsioni della caviglia:

Grado 1: leggera distorsione, con leggero allungamento o rottura microscopica dei legamenti. Ci può essere minimo dolore e gonfiore e, di solito, è possibile camminare.
– ⁠Grado 2: distorsione moderata, che comporta una parziale lacerazione dei legamenti. Ciò può causare dolore moderato, gonfiore e lividi, insieme a difficoltà a sopportare il peso sulla caviglia interessata.
– ⁠Grado 3: grave distorsione, con strappo completo o danni significativi ai legamenti. Ciò si traduce in forte dolore, gonfiore, ematomi e può esitare in instabilità della caviglia. Camminare o sopportare il peso sulla caviglia ferita può essere estremamente difficile o impossibile.

Le distorsioni della caviglia prevedono un approccio differente in base al grado di trauma, come descritto precedentemente. Tuttavia, c’è un passaggio comune per tutti i gradi: la fase di protezione.

Tipicamente in questa fase si utilizza un protocollo che mira alla gestione della fase infiammatoria iniziale. In gergo viene chiamato PRICE che corrisponde a: protezione, riposo (funzionale), ghiaccio, compressione ed elevazione.

Tuttavia le distorsioni lasciano dietro di sè effetti sui legamenti e sulla muscolatura che necessitano un intervento riabilitativo che consenta di riprendere efficacemente l’attività preferita, o semplicemente in normali gesti della quotidianità.

In base alla gravità ed alla fase di trattamento, il fisioterapista proporrà differenti categorie di esercizi per ripristinare la miglior funzionalità della caviglia.

Tra le classi di esercizi possiamo descrivere:
Esercizi di mobilità: sono esercizi delicati per ripristinare la flessibilità e la gamma di movimento nell’articolazione della caviglia.
– ⁠Allenamento della forza: se il dolore lo permette, si iniziano gli esercizi di rafforzamento per stabilizzare la caviglia e prevenire le distorsioni future.
– ⁠Allenamento di equilibrio e propriocezione: è importante incorporare esercizi per il migliorare l’equilibrio e la propriocezione (consapevolezza della posizione del corpo nello spazio). Questi esercizi insegneranno strategie ed automatismi che sono efficaci a prevenire nuovi infortuni.
– ⁠Esercizi funzionali: la progressione graduale prevede l’inserimento di esercizi funzionali che imitano le attività che svolgi nella vita quotidiana o negli sport. Questo aiuta a riqualificare la caviglia per normali modelli di movimento.
– ⁠Ritorno all’attività: una volta riacquistato la forza, la flessibilità e l’equilibrio, sarà possibile reintrodurre gradualmente le attività che coinvolgono la caviglia. Generalmente questa fase prevede iniziali attività a basso impatto ed un successivo graduale aumento dell’intensità.

Il percorso riabilitativo e di riatletizzazione è molto importante perché, se non adeguatamente trattate, le distorsioni di caviglia potrebbero esitare in due problemi a medio/lungo termine: un rischio fino a sei volte più alto di incorrere in nuove distorsioni e la lassità articolare, che con il tempo può condurre ad artrosi secondaria della caviglia.

A cura del dott. Andrea Tarantino

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Bonus psicologo 2024. Di cosa si tratta e come ottenerlo

Cos’è il bonus psicologo?

Si tratta di un contributo dell’INPS per sostenere le spese relative a sedute di psicoterapia, per coloro che desiderano beneficiare di un percorso psicologico.

Chi può richiederlo?

  • Persone residenti in Italia
  • Coloro che possiedono un ISEE in corso di validità con un valore non superiore a 50mila euro

Quando richiederlo?

La domanda di bonus psicologo deve essere presentata dal 18 marzo al 31 maggio 2024.

Dove si richiede?

Sul sito dell’INPS accedendo al servizio “Contributo per sostenere le spese relative a sessioni di psicoterapia – Bonus psicologo” tramite SPID, CIE (carta identità elettronica) o CNS (carta nazionale dei servizi).

Al termine del periodo stabilito per la presentazione della domanda, saranno redatte le graduatorie per l’assegnazione del beneficio nei limiti delle risorse stanziate che tengono conto del valore dell’ISEE e, a parità del valore ISEE, dell’ordine di presentazione della domanda.

In cosa consiste il bonus?

Il beneficio copre un importo fino a 50 euro per ogni seduta di psicoterapia e sarà erogato fino al raggiungimento dell’importo massimo assegnato in base ai seguenti limiti di ISEE:

  • ISEE inferiore a 15mila euro: importo massimo di 1.500 euro per ogni beneficiario (30 sedute);
  • ISEE compreso tra i 15mila e i 30mila euro: importo massimo di 1.000 euro per ogni beneficiario (20 sedute);
  • ISEE superiore a 30mila e non superiore a 50mila euro: importo massimo di 500 euro per ogni beneficiario (10 sedute).

Il bonus è riconosciuto una sola volta in favore del richiedente.

Come sapere se ho ottenuto il bonus?

In caso di accoglimento della domanda verrà comunicato al beneficiario l’importo del contributo e il codice univoco da consegnare al professionista presso cui si tiene la sessione di psicoterapia.

Per usufruire del contributo, il codice univoco deve essere utilizzato per la prenotazione delle sessioni di psicoterapia entro 270 giorni dall’accoglimento della domanda.

Superato il suddetto termine il codice univoco sarà annullato.

Per maggiori info e per scaricare il tutorial dell’inps: https://www.inps.it/content/inps-site/it/it/dettaglio-scheda.schede-servizio-strumento.schede-servizi.bonus-psicologo—contributo-per-sostenere-le-spese-relative-a-sessioni-di-psicoterapia-58955.contributo-per-sostenere-le-spese-relative-a-sessioni-di-psicoterapia-bonus-psicologo.html

blog psico 2

A cura del dott.ssa Martina Schilirò

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Incontinenza urinaria. Il ruolo della fisioterapia.

L’incontinenza urinaria è una condizione che viene percepita principalmente come un disturbo della persona anziana, ma è più comune di quel che si pensi: ne soffrono ragazze in età adolescenziale, giovani donne e nella mezza età, donne in menopausa.

Si parla di incontinenza, infatti, anche quando si fa fatica a trattenere l’urina durante piccoli sforzi come starnutire, ridere, tossire, saltare, correre e sollevare pesi.

L’esigenza di indossare il salvaslip nelle circostanze in cui è necessario svolgere attività come la corsa o la lezione di kick boxing in palestra non deve essere considerata la normalità, deve anzi essere spia di un problema da indagare più a fondo, legato alla salute del pavimento pelvico.

In particolare, si ha incontinenza quando i muscoli del pavimento pelvico non hanno la capacità di fare ciò a cui sono deputati, ovvero contenere gli organi (utero, vescica e retto), l’urina e le feci.

Più che di una debolezza muscolare in sé, si tratta di:

  • un problema di propriocezione, ovvero la difficoltà ad individuare e percepire la muscolatura interna ed esterna del pavimento pelvico;

  • una dissinergia con il diaframma respiratorio, responsabile, assieme a quello pelvico, di regolare le pressioni endoaddominali, per cui si ha un’eccessiva spinta sulla parete addominale e sugli organi pelvici che porta alle perdite durante gli sforzi;

  • uno schema posturale tendente al tilt pelvico anteriore che predispone alla lassità o ipotono delle strutture e alla difficoltà nel controllo muscolare durante il movimento.

    La fisioterapia è una risorsa cruciale nella riabilitazione dell’ipotono pelvico.

    La paziente e la fisioterapista, infatti, possono costruire un percorso cucito sulle esigenze uniche e personali di ognuna:

  • insieme, si prendono in considerazione le caratteristiche fisiche e la storia di vita (gravidanze, cali ponderali, infortuni pregressi, dolori presenti in altre zone del corpo, stress, ansia e depressione) che plasmano e segnano il corpo in un modo che è differente e cambia da persona a persona;

  • si lavora sulla percezione corporea, l’esplorazione delle aree del corpo difficilmente percepite, creando una mappa mentale della zona con l’aiuto del movimento del bacino e della colonna vertebrale;

  • si riscopre la respirazione diaframmatica, ripristinando la sinergia tra i due diaframmi e una corretta pressione endoaddominale che verranno associate al movimento dei vari segmenti corporei;

  • si procede con l’attivazione del muscolo trasverso dell’addome e alla coordinazione con la contrazione pelvica.

    Questa è la base di lavoro che ci consente di procedere all’automatizzazione delle attivazioni muscolari di core e pavimento pelvico durante le attività della vita quotidiana, come sollevare piccoli pesi o camminare a passo svelto senza perdite urinarie, per poi trasferire queste abilità anche in attività più complesse come il salto, la corsa, l’esercizio fisico in palestra.

    Le perdite urinarie, anche piccole, non sono normali. 

    Risolviamole insieme!

incontinenza urinaria

A cura della dott.ssa

Giulia Tosques

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Pavimento Pelvico Femminile. Perché è così importante?

Ultimamente sempre più spesso si sente parlare di pavimento pelvico e, ancora di più, di pavimento pelvico in gravidanza. Ma cos’è? Cosa fa? E quando è utile fare una visita di valutazione del pavimento pelvico in gravidanza?

Andare a fondo e scoprire insieme questa zona anatomica può essere di grande aiuto in un’ottica preventiva (prevenire è sempre meglio che curare!) oppure in caso di disfunzioni già presenti, per capire meglio cosa è possibile fare per prendersene cura nella vita di tutti i giorni e durante le settimane di gravidanza.

Iniziamo dalla base per non lasciare spazio a fraintendimenti: cos’è il pavimento pelvico?

Il pavimento pelvico è l’insieme dei muscoli che chiude inferiormente il bacino, per intenderci è tutta la zona anatomica che si poggia sul sellino della bicicletta. Si compone di tre strati muscolari che hanno molteplici funzioni. In linea generale è importante sapere che è bene parlare di pavimento pelvico in qualsiasi fase della vita di una donna, a qualsiasi età: la pubertà, la fertilità, la gravidanza, il puerperio e la menopausa costituiscono importanti fasi di cambiamento nella vita della donna, e il pavimento pelvico rappresenta il distretto corporeo dove tutte queste variabili temporali convergono, spesso generando alterazioni che si riflettono sulla sfera genito-urinaria e sessuale.

Ma quali sono le principali funzioni del pavimento pelvico?

Il pavimento pelvico normotonico sostiene gli organi pelvici: quando questo complesso muscolare presenta un’insufficienza o un’alterazione di tono, viene meno la funzione di sostegno degli organi pelvici, quindi della vescica, dell’utero e/o del retto, dando luogo a una loro possibile discesa che per definizione prende il nome di prolasso.

Inoltre, quando i muscoli del pavimento pelvico sono normotonici, allora garantiscono la continenza di urina, gas e feci: i muscoli del pavimento pelvico svolgono infatti un ruolo fondamentale nel controllo volontario della minzione e della defecazione, ciò significa che al contrario quando il tono è alterato si può verificare un’incontinenza urinaria e/o fecale.

Il pavimento pelvico è coinvolto nel rapporto sessuale e quindi influenza la qualità stessa del rapporto. Favorisce la circolazione locale, il ritorno venoso e linfatico della parte inferiore del corpo, quindi degli arti inferiori.

Durante la gravidanza, il pavimento pelvico sostiene l’utero gravidico, deve essere abbastanza forte e al tempo stesso elastico per supportare al meglio l’aumento di peso fisiologico tipico della gestazione. Poi durante tutto il travaglio sostiene il collo dell’utero fino a una completa dilatazione cervicale, funzionale alla fase del parto. Durante la fase espulsiva accompagna il/la bimbo/a nella discesa attraverso il canale del parto, permettendo la nascita. E per finire protegge gli organi, il/la bambino/a e l’integrità della donna.

Per aiutare il pavimento pelvico ad assolvere a tutte le sue funzioni nel migliore dei modi, è bene che sia normotonico, ossia che il tono di base muscolare sia normale: in grado di attivarsi, quindi contrarsi, e di rilassarsi al bisogno, a seconda delle azioni che si svolgono nel quotidiano. È nella vita di tutti i giorni, infatti, che ci giochiamo la nostra salute: tutte le volte che il pavimento pelvico non viene coinvolto durante gli sforzi addominali, di qualsiasi tipo ed entità, lo stiamo sollecitando inutilmente, preparando il terreno fertile per eventuali future disfunzioni del pavimento pelvico. Le problematiche a carico di questo distretto non insorgono improvvisamente: perpetuare uno stile di vita scorretto che porta a caricare continuamente il pavimento pelvico è la prima causa di insorgenza di disfunzioni del pavimento pelvico.

Allora cosa è possibile fare per avere maggiore consapevolezza della salute del proprio pavimento pelvico e imparare a prevenire eventuali problematiche future?

La visita di valutazione del pavimento pelvico rappresenta un’efficace e semplice tecnica di prevenzione delle problematiche a carico di questa zona.

Il pavimento pelvico non è un fatto che riguarda esclusivamente le donne anziane. Non è raro, infatti, che le prime alterazioni del pavimento pelvico si abbiano già in giovane età: stiamo parlando del fatto che un pavimento pelvico anche alla tenera età di 18 anni possa essere ipotonico (incapace o poco capace a contrarsi) o ipertonico (eccessivamente contratto per cui risulta difficile il rilassamento muscolare). In entrambi i casi ci troviamo di fronte a una situazione considerata alterata, che può molto probabilmente portare a problematiche a carico del pavimento pelvico.

Fare prevenzione significa intervenire prima ancora che il problema sia comparso per evitare che in futuro possa presentarsi.

Grazie alla visita di valutazione del pavimento pelvico sarà possibile pianificare un eventuale percorso di rieducazione o riabilitazione a seconda del quadro riscontrato.

Inoltre, lavorare sul pavimento pelvico produce indirettamente anche altri benefici molto interessanti:

  • Miglioramento della peristalsi intestinale
  • Miglioramento dei dolori a carico della schiena e/o della colonna vertebrale
  • Miglioramento dei dolori legati al ciclo mestruale e ovarico
  • Miglioramento della qualità dei rapporti sessuali

Le figure professionali che si occupano di pavimento pelvico sono: l’ostetrica, la fisioterapista, l’infermiera, che si occupano di pavimento pelvico femminile.

Rappresentano un campanello di allarme per il pavimento pelvico le seguenti situazioni:

  • Stitichezza o iperattività intestinale
  • Incontinenza di urina, gas o feci
  • Infezioni urinarie, vaginosi o vaginiti ricorrenti che stentano a guarire
  • Sensazione di peso in vagina, come se ci fosse un ingombro
  • Difficoltà o dolore durante i rapporti sessuali
  • Sensazione di incompleto svuotamento vescicale durante la minzione
  • Sport ad alto impatto o a livello agonistico
  • Presenza di cicatrici da parto (sull’addome per il parto cesareo, sul perineo per il parto vaginale)
  • Presenza di beanza vulvare post-parto
  • Gravidanza e post-parto rappresentano di per sé una fase delicata ed effettuare una valutazione del pavimento preventiva è l’ideale
  • Nel caso di diastasi dei muscoli retti dell’addome

La bella notizia è che qualsiasi sia la situazione del pavimento pelvico è possibile effettuare un lavoro personalizzato di rieducazione o riabilitazione a seconda dell’entità della problematica del pavimento pelvico.

L’obiettivo ultimo di un percorso di pavimento pelvico, sia se si effettua in un’ottica preventiva sia se vi è la presenza di una disfunzione, è imparare ad attivare tutta la zona del pavimento pelvico al bisogno, a seconda dei gesti e delle azioni del quotidiano, per non sollecitarlo inutilmente ma coinvolgerlo ad hoc!

A cura della dott.ssa Roberta Mayer

 

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Sovrappeso e Obesità. Rischi connessi e consigli pratici.

Il sovrappeso, o la condizione di obesità, che potremmo definire come un’evoluzione del sovrappeso stesso, trascurando i segnali di allarme che il nostro corpo ci sta comunicando, è una condizione non fisiologica, che può determinare nel tempo gravi danni alla nostra salute.
Nella maggior parte dei casi, tranne in rarissimi casi di patologie genetiche, questa condizione viene ad instaurarsi a causa di uno stile di vita scorretto, con un’alimentazione non equilibrata sia nella quantità che nella qualità. Questo per indicare subito che l’obesità è una condizione che è ampiamente prevenibile, e dipende principalmente dal nostro stile di vita.

Un indicatore che è utilizzato per la valutazione e differenziazione tra sovrappeso e obesità, è il BMI (Body Mass Index), cioè l’Indice di Massa Corporea (IMC), utile in studi su insieme di popolazione.
Si ottiene dividendo il peso (espresso in Kg) per il quadrato dell’altezza (espressa in metri).

È un indicatore che ha dei limiti, in quanto non considera la struttura del corpo, larghezze delle spalle, del bacino, la massa muscolare, quindi fornisce delle informazioni incomplete, ma è evidente che in una condizione di normotipo un IMC alto corrisponderà alla presenza di una percentuale di massa grassa elevata.

Nello specifico i valori soglia:

  • 16-18,49 SOTTOPESO

  • 18.5-24,99 NORMOPESO

  • 25-29,99 SOVRAPPESO

  • 30-34,99 OBESITÀ CLASSE I (lieve)

  • 35-39,99 OBESITÀ CLASSE II (media)

  • > 40 OBESITÀ CLASSE III (grave)

Educazione-Alimentare

L’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale.
Negli ultimi decenni c’è una costante crescita della prevalenza dell’obesità nei paesi occidentali, sia nell’età infantile e pediatrica, sia nella popolazione adulta, aumenta il rischio e la conseguente comparsa di diverse patologie croniche.

Una sfida molto importante degli ultimi anni è cercare di ridurre l’obesità infantile, che ha una forte correlazione con patologie quali diabete di tipo 2, asma, problematiche legate all’apparato muscolo-scheletrico, problematiche cardiovascolari, altre patologie metaboliche, oltre a poter creare problematiche sociali e psicologiche.
Purtroppo, non ci sono stati cambiamenti in positivo, e quindi riduzione dei tassi di obesità infantile negli ultimi anni, anche se qualche segnale positivo lo possiamo leggere, principalmente nell’appiattimento della curva della prevalenza dell’obesità infantile.
Questo è da ricercare nello stile di vita, dalla scelta di alimenti sempre più densamente energetici, e di qualità nutrizionale bassa, questo è maggiormente vero in classi sociali a basso reddito, dove la scelta di alimenti a basso costo è percentualmente maggiore.
Per comprendere meglio la problematica riporto una ricerca dell’Health Behaviour in School-agend Children, riferita a dati italiani del 2018. Il campione di studenti di 11, 13 e 15 anni, ha mostrato come il 17% di ragazzi è in sovrappeso ed il 3,5% è in condizioni di obesità.

I dati della PASSI, ente di sorveglianza coordinato dal ISS, (istituto superiore di sanità) mostrano come nella popolazione adulta tra i 18 ed i 69 anni il tasso di eccesso ponderale arriva sino al 43% circa, con il 32% circa in sovrappeso ed un tasso di obesità al 11% circa.
Cercare di trovare un’unica causa che sia responsabile dell’istaurarsi di eccesso ponderale è difficile, è piuttosto interazione tra differenti componenti comportamentali, sociali, metaboliche a determinare questa condizione.

Un aspetto su cui bisogna riflettere è sicuramente lo stile di vita, per stile di vita intendiamo ad esempio attività lavorativa sedentaria, spostamenti anche molto brevi con macchina o mezzi di trasporto, utilizzo di ascensore costantemente, tempo libero speso in modo sedentario, come vedere la TV, giochi digitali preferiti a giochi fisici, assenza di attività fisica costante nella settimana, alimentazione squilibrata spesso con utilizzo in eccesso di cibi energeticamente molto densi.

È evidente che cercare di cambiare queste abitudini, andando verso uno stile di vita meno sedentario, attivo con l’introduzione di un’attività fisica moderata e costante, associato ad una corretta alimentazione, è il miglior modo di prevenire o anche regredire una condizione di eccesso ponderale, con il beneficio di ridurre in modo importante il rischio dell’insorgenza di patologie croniche. Le complicanze del sovrappeso o peggio obesità possono essere sia immediate, con difficoltà motorie, affanno, disturbi del sonno con apnee notturne, impossibilità a praticare attività fisica, oltre che sociali.

Nel lungo termine le complicanze sono ben più gravi, avendo un’associazione ad elevata mortalità, ed aumento dei rischi di insorgenza di patologie cardiovascolari, che ricordo essere una delle principali cause di morte, come l’ictus, infarto, ischemie, ipertensione, oltre che altre patologie croniche come il diabete di tipo2, sindrome metabolica, problematiche muscolo scheletriche, artrosi degenerativa o altre, oltre che alcune forme di tumori, in particolare colon retto, rene, colecisti, prostata, mammella, endometrio.

Il trattamento del sovrappeso ed obesità consiste nella perdita di peso, più specificatamente nella riduzione di tessuto adiposo, in quanto perder peso non è sinonimo di dimagrimento, questo è un aspetto importante da tenere in considerazione per un corretto calo ponderale, in cui deve esserci il mantenimento della massa muscolare, e la riduzione della massa grassa.
La dieta intesa come dietoterapia per la risoluzione dell’eccesso ponderale deve essere personalizzata in base alle condizioni di partenza, patologie o disturbi in essere; tuttavia, possiamo dare delle indicazioni in linea generale di corretta alimentazione.

Un’alimentazione equilibrata e bilanciata, deve prevedere l’utilizzo in quantità ottimali di carboidrati, proteine e grassi che non devono essere esclusi.

Nello specifico preferire cereali integrali, come pasta integrale, riso venere, orzo, farro, o pseudo cereali come quinoa, teef, grano saraceno, legumi, anche se sono un’ottima fonte di proteine vegetali.

Utilizzo quotidiano di verdura fresca di stagione, frutta fresca di stagione. L’utilizzo di fonti proteiche magre di alto valore biologico, si animali che vegetali.
L’utilizzo di grassi preferibilmente di origine vegetale mono o poli insaturi, come olio extravergine di oliva, frutta a guscio, semi oleosi, pesce azzurro ricco di omega 3, come sardine alice, sgombro, e ridurre il consumo di grassi saturi di origine animale.

Limitare bevande gasate e zuccherate, prodotti industrializzati ricchi di zuccheri semplici, insaccati, prodotti dolciari, alcool.
Alcune indicazioni schematizzate:

  • Limitare il consumo di grassi e zuccheri, molto abbondanti soprattutto nei cibi confezionati e nei soft drink

  • Aumentare il consumo di verdure, legumi, cereali integrali e, in generale cibi freschi, non processati

  • Seguire una dieta variata, riducendo le porzioni, nel caso in cui si voglia perdere peso

  • Limitare l’alcol, che oltre ad essere nocivo alla salute degli organi, è anche un’importante fonte di calorie, senza apportare nessun vantaggio nutrizionale

  • Non ricorrere al cibo come genere di conforto, nel caso in cui ci si senta depressi o giù di corda

  • Dare ai bambini un buon esempio in materia di alimentazione; i figli di genitori obesi tendono a loro volta ad avere problemi di peso

  • Fare una regolare attività fisica: gli adulti dovrebbero fare almeno 30 minuti/giorno per 5 volte/settimana di attività fisica aerobica di intensità moderata (camminare a passo veloce, andare in bicicletta, nuotare, ballare); i bambini almeno 60 minuti/giorno; nel caso in cui si desideri perdere peso, il livello di attività fisica dovrà essere gradualmente incrementato.

Un’abitudine importane da acquisire è la pratica sportiva che apporta numerosi benefici al nostro stato di salute.

Si può cominciare gradualmente, soprattutto se si è sedentarie, sino ad arrivare a raggiungere la pratica di attività fisica moderata e costante, della durata di 30 minuti al giorno per 5 giorni a settimana, o comunque riuscire ad arrivare a 180 minuti di pratica sportiva nella settimana. Quello che è di fondamentale importanza è trovare un equilibrio personale, tra stile di vita alimentazione e sport, che ci permetta di mantenere e migliorare il benessere ed il nostro stato di salute, nel più lungo tempo possibile.

A cura del dott. Simone Lepre

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